Una riflessione per ridurre le diseguaglianze e preparare un futuro migliore: vincere la “crisi di trapasso”! – art. 1
In un certo modo, oggi, agli inizi del XXI sec., ci troviamo nella stessa situazione degli osservatori del XIX sec: assistiamo a trasformazioni impressionanti, ed è ben difficile sapere fin dove potranno portare e come si presenterà la distribuzione delle ricchezze nell’arco di qualche decennio, tra un Pese e l’altro e all’interno del medesimo Paese. La domanda che preoccupa è: non sarà che il mondo del 2050 o del 2100 finirà nelle mani dei trader, degli alti dirigenti e dei detentori dei patrimoni rilevanti, o dei paesi produttori di petrolio, o della banca della Cina, o addirittura dei paradisi fiscali che fanno da copertura, in un modo o nell’altro, a tutti costoro?
Quali sono le nostre principali conclusioni? La prima lezione è che occorre diffidare di ogni determinismo economico (la storia delle diseguaglianze dipende dalla rappresentazione di ciò che è giusto e di ciò che non lo è che si fanno gli attori economici, politici, sociali, dai rapporti di forza tra questi attori, e dalle scelte collettive che ne derivano). La seconda lezione, nodo centrale della riflessione, è che la dinamica delle diseguaglianze si muove su fenomeni di grande portata, motori sia di convergenza che di divergenza.
Gli elementi di divergenza sono essenzialmente due (peraltro già noti alla coscienza popolare): il primo è il processo di allontanamento, scollamento delle retribuzioni più elevate rispetto alle altre; il secondo, ancor più grave, è l’affermazione di una serie di squilibri legati al processo di accumulazione e concentrazione dei patrimoni, in un mondo caratterizzato da una crescita debole e da un rendimento elevato del capitale.
Invece, i meccanismi a favore della convergenza (e quindi a favore della riduzione delle diseguaglianze) sono i processi di diffusione delle conoscenze e di investimento sulle competenze. Il Mercato da solo non ce la fa: il gioco della Domanda e dell’Offerta, così come la mobilità del capitale e del lavoro, intervengono in maniera meno intensa e spesso in maniera ambigua e contraddittoria. Il processo di diffusione delle conoscenze e delle competenze è l’elemento cruciale, il meccanismo che consente al tempo stesso la crescita della produttività e la riduzione delle diseguaglianze.
Il problema è che tale processo è solo in parte un fattore naturale e spontaneo: esso dipende in larga parte dalle politiche condotte sui territori e dalle Istituzioni preposte.
A molti sarà successo di riflettere sul fatto che c’è stato un solo vero miracolo economico in Italia, quello del dopoguerra, e che per creare quelle condizioni bisognerebbe ricreare quel clima. In altre parole, durante la guerra – quando cadevano le bombe e morivano mogli, figli, fratelli – negli italiani scattò una voglia di rivincita che oggi chiaramente è più difficile trovare. Tuttavia, ci troviamo anche oggi in una situazione che ha bisogno di uno scatto per vincere la “crisi di trapasso”. Però, visto lo stato di disorientamento sociale, l’onere di tale scatto deve necessariamente essere assunto da una classe politica (ispirata al merito e non alle lobby) la quale, in possesso delle necessarie conoscenze e competenze, sappia tradurle alla portata di tutti. La buona politica, insomma, quale faro di innovazione capace di partorire strumenti in grado di tracciare il percorso da seguire. È chiaro che non tocca alla politica fare impresa, ma ad essa è demandato l’onere di preparare il terreno ispirandosi a tecniche colturali innovative che riescano a consentire la nascita di start up adeguate ai tempi moderni, in grado di fungere da esempio per modelli da replicare con effetto domino in termini di occupazione e ricchezza.
Questo senso del fare davvero e per tutti è l’anima del nostro movimento civico. Questo è il cammino che stiamo già facendo attraverso la messa a disposizione per i cittadini di strumenti utili e opportunità concrete. [continua sabato prossimo] [programma per lo sviluppo di Cassino]
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